HockeyWorlds: le due Coree tra ghiaccio e sogni di gloria

di Marco Meneghetti

Ritorna l’appuntamento con la rubrica HockeyWorlds, un viaggio in giro per il mondo alla ricerca di aneddoti, storie e info da città e Paesi meno noti, ma accomunati (assieme a noi) dall’amore per questo meraviglioso sport: in occasione delle Olimpiadi invernali, in programma tra meno di due settimane nella cittadina coreana di Pyeongcheang, voliamo verso la penisola asiatica ancor oggi divisa in due dalle ferite della Guerra Fredda.

Partiamo dalla Corea del Nord, (fortunatamente) uno degli ultimi regimi oppressivi di stampo sovietico rimasti sul pianeta: non c’è pertanto da sorprendersi nello scoprire come l’hockey su ghiaccio venne introdotto nel Paese da operai russi e cinesi già negli anni Cinquanta, all’indomani del sanguinoso conflitto che spaccò la Corea in due lungo il Trentottesimo Parallelo. Già nel 1955 venne fondata la locale federazione, che fece il proprio ingresso nell’IIHF otto anni dopo; ci vollero però undici anni prima di veder debuttare una nazionale nordcoreana, battezzata ufficialmente l’8 marzo del 1974 a Grenoble contro l’Italia. In quell’occasione, gli atleti azzurri inflissero un duro 11 a 2 agli asiatici, il cui migliore risultato è stato un 22 a 1 ottenuto in due distinti match: contro la Mongolia nel 2010, e contro la Georgia nel 2014. La temporanea autoesclusione dei nordcoreani dai tornei (occorsa nel 2011 per ragioni finanziarie) non ha però fermato il campionato locale, il cui livello (inaspettatamente migliore di quanto si possa pensare!) è facilmente saggiabile attraverso numerosi filmati presenti su YouTube.

Nonostante un cospicuo numero di tesserati (2320), l’hockey maschile non ha preso totalmente piede nel Paese: incoraggiano molto di più gli ultimi dati IIHF relativi alle ragazze, ben 920 (contro 170 uomini). Non è quindi una sorpresa sapere che le nordcoreane giocheranno le prossime Olimpiadi in una formazione unificata assieme alle colleghe del Sud e, nonostante le rimostranze della coach (americana, lo ricordiamo) di queste ultime, potrebbe trattarsi di un team in grado di riservare non poche sorprese, vista anche la differenza minima nel ranking (22esimo posto per il Sud, 25esimo per il Nord).

Dicevamo della Corea del Sud: a differenza delle donne, la nazionale maschile rappresenterà solo il proprio ambito, senza includere giocatori nordcoreani al suo interno. Membro IIHF dal 1960, la federazione sudcoreana conta 2675 tesserati di cui 2185 junior: un enorme vivaio che da un lato rappresenta un’irripetibile opportunità di crescita, ma che dall’altro conferma in qualche modo una mancanza cronica di esperienza tecnica nei giocatori. Poco male, perché la Nazionale maschile -allenata dal coreano canadese Jim Paek, vincitore di due Stanley Cup con Pittsburgh nei primi anni Novanta- è stata in grado negli ultimi anni di catapultarsi decisamente in avanti: dapprima raggiungendo la Division IA nel 2015, e in seguito addirittura la promozione in Top Division, occorsa lo scorso anno ai danni, seppur indirettamente, dell’Italia.

Il miglioramento va sicuramente imputato anche al buon livello del campionato transasiatico Asian League, in cui militano tre formazioni sudcoreane (le uniche professionistiche del Paese): una di queste, l’Anyang Halla, si è laureata vincitrice del torneo negli ultimi due anni.

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