Willie O’Ree ed il coraggio di cambiare
di Miki Faella
Nella nottata italiana, i Boston Bruins hanno ritirato la maglia #22 del grande Willie O’Ree, primo giocatore di colore a giocare in National Hockey League a cavallo degli anni 50/60, a distanza di ben 64 anni esatti da quel fatidico 18 gennaio del 1958, dove nell’allora glorioso Boston Garden si scrisse la storia.
Non sono state le 45 partite nella massima competizione on ice a far storia ma quanto l’impatto (e le ripercussioni) nel vedere il primo coloured della storia in NHL, in una America al tempo profondamente segnata dalle (stupide) leggi razziali, dove c’era l’obbligo di rispettare le divisioni tra bianchi e neri, specialmente negli stati del sud che da li a poco si sarebbero trasformati in autentica polveriera per cambiare il corso della storia e degli eventi.
Gli inizi della Leggenda
La storia di Willie parte nel lontano 1935 a Fredericton (Nuovo Brunswick, Canada) e dopo una ottima carriera tra gli juniores, dove ha affinato non solo la conoscenza dell’hockey ma anche i primi campanelli su ciò che gli poteva riservare il futuro, all’età di 14 anni ha perso la vista dall’occhio destro per colpa di una discata. Il medico gli disse che sarebbe rimasto cieco ma Willie (forse anche per cocciutaggine) desiderava ardentemente più di ogni altra cosa giocare ad hockey nonostante la sua condizione e tutto, sempre sostenuti dai fratelli e dalla famiglia, i primi a supportarlo ; non parlò mai ai nessuno della sua grave menomazione, se non ai tempi di Los Angeles dopo aver già giocato in NHL, incredibile.
“Quando sono andato il primo anno tra gli juniores, coach Phil Watson mi ricordava sempre che non c’erano giocatori di colore in NHL e potrei essere il primo a diventarlo visto che avevo sia le capacità sia le doti per arrivarci…la stessa cosa si è ripetuta con un altro mentore, Jack Stewart l’anno seguente, fino ad arrivare a Punch Imlach, che durante l’approdo tra i pro è stato fondamentale, dandomi quella sicurezza di cui avevo bisogno!”
The dream come true
E proprio nel 1957 viene chiamato tra i grandi ed approda nel farm team di Boston, i Quebec Aces, con O’Ree a far vedere di che pasta è fatto trascinando i suoi a suon di reti a vincere un campionato interstatale; il giorno ce ha cambiato gli eventi è stato il 18 gennaio del 1958, con i Boston Bruins a chiamarlo nella sfida coi rivali storici di Montrèal per sostituire un infortunato nelle fila dei Bruins, diventando il primo giocatore di colore in NHL, senza lo stesso clamore del debutto nella Major League di Baseball di Jackie Robinson con i Brooklyn Dodgers ma capace di scuotere ugualmente la lega conservatrice del tempo, ancora avversa a cambiamenti ed aperture.
“Sinceramente non ci stavo pensando, la sera del debutto stavo realizzando il mio sogno, quello di giocare in NHL e solo l’indomani a legger sui giornali ho capito ciò che avevo fatto, essere stato il primio giocatore di colore della Lega!”
Alle prime due partite di quell’anno ne seguirono ben 43 la stagione successiva, ritagliandosi un posto fisso in squadra, chiudendo con un buon bottino di 14 punti (4+10) in un periodo cupo non solo fuori la ghiaccio, dove le offese anche sul rink si contavano a grappoli e non era dannatamente diverso fuori dalle arene, specialmente negli Stati Uniti dell’epoca e durante viaggi e trasferte si perdevano il ritmo delle offese; Willie venne scambiato con Montrèal e la sua carriera nella major finì proprio in quel momento (gli Habs erano la dinastia del momento con reparti al completo in ogni dove) mentre il buon O’Ree continuò a giocare dopo una prima stagione transitoria nel farm team dei Canadiens, scelse la California come casa, dividendosi tra i Los Angeles Blades ed i San Diego Gulls per il resto della carriera nella senior Western Professional Hockey League fino al 1979, anno del ritiro di Willie.
Willie Legacy
Se la sua carriera sul ghiaccio non può essere paragonata ad un Wayne Gretzky oppure ad un Chris Pronger come abbiamo parlato ieri, l’impatto del buon Willie è stato altrettanto fondamentale per la comunità multiculturale a cui stava andando proprio incontro la National Hockey League tra nativi e figli di immigrati di ogni parte del mondo.
Quasi dimenticato dal mondo hockeystico per oltre 20 anni, mentre lavorava in un hotel nella sua seconda casa di San Diego, Willie venne chiamato dal board della NHL nel 1998, quale direttore dello sviluppo giovanile sulle diversità, un associazione statunitense che lavora senza scopo di lucro ad incoraggiare i giovani di ogni razza a giocare ad hockey, come motore pulsante per esprimersi ed imparare le fondamenta dello sport nei suoi valori e nel rispetto delle culture ed avversari, denominata NHL/USA Hockey Diversity Task Force che peraltro, è attiva anche nel mondo professionistico, con tutti gli NHLers invitati a questo seminario solitamente pre-season, per mantenere un codice di condotta e rispetto, specialmente sugli abusi verbali che nel tempo hanno fatto (e continuano) parlare di se.
Willie diede un impulso straordinario a questo movimento ed il suo impegno non è passato inosservato, con la sua Fredericton ad inserirlo già nel 1992 nella Wall of Fame cittadina ed a dedicargli la nuova pista ghiacciata nel 2008, il parlamento del New Brunswick gli conferì nel 2005 membro dell’ordine statale mentre la massima onorificenza canadese (Member of Order) gli è stata conferita nel 2008.
La National Hockey League non si è certo dimenticata di lui, conferendogli nel 2003 il Lester Patrick Trophy per il suo eccezionale contributo all’hockey negli Stati Uniti; è stato poi premiato proprio nello stesso anno durante gli All Star Game di Atlanta mentre 10 anni dopo a suo nome è stato introdotto dalla Lega il Willie O’Ree Community Hero Award, che annualmente premia chi si è contraddistinto nella propria comunità per lo sviluppo delle relazioni sociali mentre nel 2018 è stato introdotto nella Hockey Hall of Fame.
Ha ispirato nel tempo moltissimi futuri Nhlers di colore, ad iniziare da Mike Marson che nel 1974 giocò con i Washington Capitals, il secondo giocatore coloured a giocare in NHL, così come il primo HHoF di colore Grant Fuhr, che si è sempre riferito a Willie con bellissime parole e dediche, senza dimenticare Jarome Iginla…
Durante lo speech nella serata degli HHoF del 2018: “Stasera sono onorato di essere qui e per dirvi che il nostro lavoro non è ancora finito. Abbiamo di continuo barriere da abbattere ed abbattere, così come la bellissima opportunità di dare al prossimo lasciandovi questo pensiero: quando tornate nelle vostre città o comunità, date un’occhiata in giro, trovate un ragazzo o una ragazza che ha bisogno dell’opportunità di giocare a hockey e dategliela. Non si sa mai, potrebbero farci sognare…”
We Love You Willie