L’Altra NHL: ancora qualche settimana di attesa
di Miki Faella
Dopo un’estate passata a ‘svernare’ nelle maniere più disparate, con i maggiori campionati europei a prendere il via proprio in questi tempi, ci affacciamo sull’universo targato National Hockey League per iniziare a guardare da vicino le 31 franchigie della Lega, a poco meno di un mese dal via.
Usciamo per un momento dagli schemi stretti in senso lato, dando ad una prima occhiata, il ruolo che più di ogni altro può letteralmente cambiare gli equilibri di una franchigia sia nel bene sia nel male e spesso volentieri alle coronarie di fans ed addetti ai lavori: il Goalie.
In prima analisi scegliamo di scartavetrare la polvere che si è accumulata sui gambali e maschere della Eastern Conference, partendo dagli autentici fuoriclasse dello slot, portieri che hanno guantoni e gambali scolpiti nel DNA che stanno di guardia alla rete come Connor McDavid o Sidney Crosby stanno all’attacco: Carey Price ed Henrik Lundqvist.
Se il team delle blueshirts può dormire sogni tranquilli avendo King Hank a guardia del fortino di Broadway (a quando una Stanley almeno ad honorem però?), a Montréal il funambolico estremo canadese ha i numeri da autentico dominatore dello slot da qui sino al 3000, con l’incognita dell’infortunio sempre dietro l’angolo, a spaventare più di un inverno senza neve in Québec, tant’è che nelle preghiere della sera a Montréal c’è sempre posto per Crystal Price, onde evitare un minutaggio maggiore a Montoya, affidabile quanto un elefante in cristalleria (appunto).
Tantissimo han fatto i team però a rinforzare le proprie retroguardie e, se proprio per un giro incredibile di portieri cambiato, sul pancone dei Rangers è arrivato un backup d’oro direttamente da Winnipeg, ovvero sia quell’Ondrej Pavelec semmai i numeri di Hank dovessero perdere qualche millesimo di punto in stats.
Columbus e Washington tocca a voi!
A portieri non se la passan di certo male Caps e Blue Jackets: tra Braden Holtby e Sergei Bobrovsky oramai è battaglia aperta a suon di Vezina, Jennings e statistiche degne della perfezione di Nadia Comaneci, con entrambi i team alla ricerca della quadra giusta per il colpo anche finita la Regular Season. Il maleficio chiamato PP di Washington si manifesta oramai ciclicamente ogni anno, con un President in cascina e l’abbandono in corsa alla Stanley sempre per mezzo dei Pittsburgh Penguins, a far impazzire tifosi e soprattutto front office, a veder ogni volta veder la propria faraonica campagna acquisti finire per mano di Crosby e pennuti antartici.
C’è grandissima festa anche nell’Ohio, e non solo per i colpi a sensazione di LeBron e Cavs, ma perché è oramai Hockey-Mania in quel di Columbus, grazie al focoso Tortorella a portare entusiasmo, bon-ton e professionalità anche al Nord dopo i bei successi in quel di Tampa, con tanto di Panarin preso a suon di dollaroni da Chicago; Grubauer e Korpisalo, possono pensare a qualche partita sul ghiaccio semmai Bob e Brad accusano qualche goccia di sudore di troppo tra una uscita e l’altra.
Fleury sempre nel Cuore
Con i tifosi da ogni latitudine del globo dei Penguins a fregiarsi della seconda storica back-to-back Stanley portata a Steel-City, è arrivato l’addio dello storico Marc-André Fleury, scelto come Giocatore/Immagine dei nuovi Vegas Golden Knights tant’è vero che la bella jersey dei rookie della NHL la calza a pennello oramai come una seconda pelle ufficiale; ora toccherà a Matt Murray guadagnarsi fama e prestigio tutto soletto nello slot, con Marione Lemieux regalarsi nientemeno che Antti Niemi (trovato vagante sulla Route 66 dopo l’arrivo dell’ennesimo goalie atterrato in Texas) come comodo rincalzo se il giovane Matt dovesse sentire la mancanza di mamma chioccia Fleury.
A buon binomio nello slot non se la passa male Philadelphia, dopo aver fatto passare notti insonni ai propri beniamini, con l’eremita Neuvirth affiancato da Brian Elliott, a tornare ad Est dal Mississippi dopo non aver fatto breccia nei cuori dei Flames, nonostante numeri da capogiro ed un posto nei playoff dopo un discreto numero di anni ai cowboy dell’Alberta; cede almeno per i primi tempi, il posto da titolare nello slot di Carolina l’idolo Cam Ward, artefice di quella splendida Stanley Cup datata 2006 che ancora fa venire ancora oggi gli incubi ai tifosi degli Oilers, con l’arrivo di Scott Darling direttamente da Windy City, salvo considerando l’effetto Ward, a riprendersi tutto ciò che gli appartiene (slot compreso) a Raleigh e dintorni.
Chiudono la rassegna della Metro invece Devils ed Islanders, con Schneider ed Halak (salvo retrocessioni in qualche sperduta franchigia consorella dell’Alaska) a guardia delle proprie difese, vista l’assoluta penuria di goalie in giovane età da fiondare in National Hockey League, con Greiss e Kinkaid alla porta in ogni senso.
Oh Canada! Quest’anno si fa seria
A Toronto hanno tutti i numeri da far letteralmente re-inverdire i fasti dei sogni antichi: andiamo indietro di 50 anni esatti dall’ultima Stanley Cup scesa nel Cielo in bianco e nero dei Maple Leafs, con i timonieri Babcock e Lamoriello ad allestire uno dei team più competitivi visti alle caldissime latitudini dell’Ontario. La pressione di casa Leafs è paragonabile all’ultimo giro di lancette di G7 della Stanley Cup (e sotto di 1 rete) col danese Erik ‘The Red’ Andersen a cercare di scrivere una giusta novella degna della miglior tradizione fiabesca di famiglia.
Ad Ottawa invece, dopo la mirabolante prestazione della scorsa cavalcata ai playoff, interrotta dai Pens, sarà nuovamente Craig Anderson a tener a bada la difesa dei Senatori, diventati iconici nella Parliament Hill, primo eremo svedese in NordAmerica oramai; in alternativa c’è l’ex lottatore di MMA Mike Condon che, in attesa di una chiamata da parte di Maywather, ha fatto pratica col piede sano di Capitan Karlsson.
A senatori non se la passan di certo malaccio sia Boston sia Florida, con Bobby Luongo e Tuukka Rask inamovibili dalle rispettive porte come costante già reimpostata a random nei roster di Bruins e ‘Cats dei vari videogiochi planetari; chi ha cambiato (e si spera con fortuna) è Tampa Bay che, dopo aver regalato Ben Bishop in regime di trade deadline ai Kings, hanno promosso un altro figlio della Grande Madre Russia, Andrei Vasilevskiy quale nuovo clone del famoso Bobrovsky di casa Columbus, a cercare di portare una boccata di gioventù e freschezza tutta direttamente sulle spiagge assolate dello Stato del Sole, con tanto di Mask a cambiare colori in caso di attacco nordcoreano sulle coste americane, di sovietica memoria.
Fiducia incontrollata allo slot in quel di Detroit per l’accoppiata-scoppiata di MoTown, col binomio Mrazek-Howard a reggere il peso della zoppicante franchigia del Michigan, quali custodi della nuova arena cittadina semmai uno dei due perdesse il lavoro, mentre chiude in ogni senso Buffalo, sempre alla costante ricerca della propria identità, ad iniziare proprio da un degno partente in gabbia, nonostante l’attuale triplice alleanza on-ice, che però al momento non è nemmeno accettata dagli scommettitori sulle piattaforme digitali.