PITTSBURGH PENGUINS: la lunga strada del successo

di Fabio Sorini

Nella notte appena terminata, i Pittsburgh Penguins hanno alzato al cielo di San José la quarta Stanley Cup della loro storia, battendo i San José Sharks in sei partite. La vittoria di ieri notte, nel game 6 delle Finals, è il frutto di un lungo lavoro e di una pianificazione maniacale, nonché di un percorso ricco di ostacoli che Crosby and C hanno dovuto affrontare.

La favola dei Penguins 2015-2016 inizia a Luglio 2015, quando la dirigenza della franchigia della Pennsylvania si inventa due trades che, a fine anno, passeranno alla storia. Il primo giorno di Luglio, i tifosi dei Pens si svegliano con una splendida notizia: Phil Kessel è un giocatore di Pittsburgh. L’americano arriva nella franchigia di Lemieux grazie ad una maxi trade, nella quale vengono coinvolti altri cinque giocatori (tra cui Spaling e Kapanen). Ma non finisce qua: a fine mese, al Consol Energy Center arriva anche Nick Bonino da Vancouver. La dirigenza giallonera vuole vincere subito e capisce che il roster dei Pens è di primissimo livello. Le chiavi della squadra vengono affidate a coach Mike Johnston che ha il compito di mettere insieme i nuovi campioni a quelli già presenti.

Ma i “Pinguini” stentano, faticano e iniziano la stagione con tanti dubbi e poche certezze. Più passano le partite e più aumentano i problemi di Johnston che non riesce ad entrare nei cuori dei tifosi e degli stessi giocatori. L’atmosfera a Pittsburgh è davvero pesante, intorno a Dicembre, con le stelle della squadra che non riescono ad ingranare. Il 12 dello stesso mese, dopo un calvario durato 28 partite, coach Johnston viene allontanato. Al suo posto viene chiamato Mike Sullivan (proveniente dai Wilkes-Barre/Scranton Penguins, formazione che milita nella AHL) che ha il compito di risollevare il morale di Crosby e compagni. Il destino vuole che, due giorni dopo l’arrivo del nuovo allenatore, i Penguins mettano a segno un altro colpo che si rivelerà fondamentale: da Chicago arriva quel Trevor Daley che completa il reparto difensivo dei Pens.

I discorsi di mercato non finiscono qua: mentre Sullivan, a poco a poco, ingrana, i dirigenti di Pittsburgh mettono a segno l’ennesima magia. Da Anaheim arriva quel Carl Hagelin che formerà la famosa linea con Kessel e Bonino, nella parte finale della stagione. Intanto, come detto, sotto la direzione di Mike Sullivan, la squadra inizia una nuova stagione: i risultati arrivano, la squadra risale in classifica e prende fiducia. Prima della trade deadline, arriva da Edmonton il difensore Schultz, l’ultimo tassello di una campagna acquisti sensazionale. Nonostante alcuni infortuni, come quelli di Malkin e di Fleury, la squadra si classifica seconda nella Metropolitan Division.

I playoffs, si sa, fanno storia a se. Al primo turno, i Penguins affrontano i New York Rangers. Gli Yankees vengono letteralmente spazzati via dal ghiaccio: la corazzata in maglia giallonera sembra inarrestabile e Lundqvist viene trafitto innumerevoli volte. Tra le fila di Pittsburgh, c’è da segnalare l’esplosione del goalie Matt Murray, debuttante, che ha preso il posto di Fleury (infortunato) e di Zatkoff. Questa serie conferma tutte le ipotesi fatte sull’ottimo lavoro di Sullivan, che ha trovato nella famosa linea “HBK” (Hagelin, Bonino, Kessel) un vero punto di forza. Battuti i Rangers, i Penguins si trovano davanti un avversario veramente in forma e temibile: i Washington Capitals di Alex Ovechkin. Anche in questa occasione, pur con qualche difficoltà in più, i gialloneri riescono ad avere la meglio, in sei partite davvero di altissimo livello. Ancora una volta lo “Zar russo” si vede sfilare da sotto il naso la possibilità di alzare la Stanley Cup.

Ma i problemi non finiscono: nelle Eastern Conference Finals, i Penguins faticano veramente tanto per avere la meglio dei Tampa Bay Lightning, privi di Stamkos e Bishop. La franchigia della Pennsylvania gioca un hockey davvero di altissimo livello, tenendo una media di circa 40 tiri che non fanno dormire sonni tranquilli ad Andrei Vasilevskiy, goalie dei Bolts. Nonostante la bella e sudata vittoria in sette partite, arriva una brutta news: l’infortunio alla caviglia occorso a Trevor Daley che è costretto a saltare la restante parte della post season. Si arriva, quindi, alle Finals. Dall’altra parte della pista ci sono i San José Sharks che si sono qualificati dopo un percorso altrettanto meraviglioso. I Penguins giocano bene, come sempre o quasi, facendo brillare la stella di Martin Jones, autore di una serie davvero di primissimo livello. Per un Malkin che non incide più di tanto, c’è un Crosby che si scuote e che trascina la squadra (insieme al solito Kessel) alla vittoria. Il resto è storia recente: sotto 3-1 nella serie, gli Sharks provano a rimontare ma Pittsburgh si dimostra troppo più forte e chiude i conti alla sesta partita, con Crosby che alza sia la Stanley Cup sia il Conn Smythe Trophy.