NHL Story: la grande espansione del 1967

Posted On 01 Dec 2016
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(di Marco Meneghetti)

Lo avrete notato: dagli inizi dell’attuale stagione di National Hockey League non è difficile imbattersi in toppe e decorazioni a centro ghiaccio contenenti un gigantesco “50”. La ragione per una tale celebrazione, lo si sarà capito, è motivata dal cinquantesimo compleanno che alcune franchigie celebreranno proprio nel 2017, e i cui festeggiamenti hanno avuto inizio giá questo autunno. La nascita di queste franchigie, tra cui figurano gli ancora attivi Los Angeles Kings, Pittsburgh Penguins, Philadelphia Flyers e St. Louis Blues, oltre a due squadre successivamente trasferitasi e poi soppiantate da nuovi club nella medesima area, fece parte di un ben preciso tentativo di espandere la lega dopo venticinque anni in una sorta di “contrappasso”, nel quale, di fatto, la lotta per la Stanley Cup si era limitata ad un affare tra sei teams, i cosiddetti Original Six. In questo articolo, ripercorriamo storia e vicende di quell’epocale avvenimento che cambiò per sempre la storia del campionato più bello del mondo.

LE ORIGINI – la NHL di metà anni Sessanta era molto diversa da come la conosciamo oggi. I proprietari delle sei franghigie partecipanti (Rangers, Blackhawks, Red Wings, Bruins, Maple Leafs e Canadiens), tutt’altro che aperti alle novità come invece stava accadendo nel football americano e nel baseball, si opponevano strenuamente ad ogni innovazione che potesse togliere loro il dominio assoluto sulla lega. Dal 1963, non esisteva più alcun contratto televisivo, nel timore che l’aumento di visibilità dei giocatori potesse portare a richieste (per i proprietari ingiustificate) di aumento sul salario o a drastici cambiamenti di orario per le esigenze di messa in onda. Ogni proposta di espansione era, allo stesso modo, tabù: sin dagli anni Quaranta gruppi di Philadelphia, Los Angeles e Cleveland avevano tentato di aderire alla NHL, sempre invano. Le motivazioni addotte per le innumerevole bocciature erano naturalmente sempre nuovi sotterfugi per chidere, di fatto, il campionato a nuovi volti “indesiderati”. Tuttavia, una minaccia proveniente dal Pacifico iniziò a cambiare le cose: la Western Hockey League, di fatto attiva già dal 1955 ma in costante espansione nelle città americane e canadesi dell’ovest, avide di hockey. La crescente attenzione di spettatori (e, cosa pericolosissima, dei giocatori) alla WHL ne fece un’avversaria potentissima per la NHL; come se non bastasse, le emittenti televisive iniziarono a prendere in considerazione l’idea di concentrarsi su di essa, lasciando la NHL priva di copertura anche se lo avesse voluto. A questo punto restava solo una soluzione: cedere, ed espandersi, opzione accolta anche grazie all’arrivo di una nuova generazione di più giovani ed illuminati proprietari come Stafford Smythe (Toronto) e David Molson (Montreal). Fu così che, a partire dal 1965, si iniziò a sondare il terreno per raddoppiare la NHL, portandola da sei a dodici squadre con una divisione nuova di zecca.

LE CITTÀ – Fu però William Jennings, proprietario dei Rangers, a suggerire di espandersi ad ovest: ovviamente si trattava di una scelta più che logica, volendo evitare la concorrenza della WHL, ma dove? Vancouver, un’ottima eventualità, venne scartata subito per via della strenua opposizione dei due team canadesi, tutt’altro che vogliosi di dividere il mercato con chicchessia; Los Angeles, invece, venne ritenuta accettabile, e ben cinque (!) gruppi diversi di finanziatori si fecero avanti per avere una franchigia nella Città degli Angeli. Oakland, Philadelphia, Pittsburgh, Minneapolis/St. Paul e St. Louis furono le altre prescelte, con Baltimora come “riserva”. La West division vedeva quindi ai nastri di partenza Los Angeles Kings, California Seals, Philadelphia Flyers, Pittsburgh Penguins, Minnesota North Stars e St. Louis Blues.

L’EXPANSION DRAFT – Il 6 giugno 1967, a Québec, si tenne l’Expansion Draft valido per costruire i nuovi roster delle franchigie appartenenti alla West Division: ogni team era tenuto a selezionare due portieri e diciotto giocatori di movimento, mentre gli Original Six poterono inserire un goalie ed undici giocatori in liste “protette”, quindi non selezionabili; i giocatori minori di ventuno anni e coloro già ceduti a WHL e Central Professional Hockey League furono allo stesso modo tagliati fuori dal processo. I primi due rounds furono dedicati alla scelta dei portieri, con i Kings ad essere estratti per primi. Da segnalarsi, le scelte di Terry Sawchuk (Kings), Cesare Maniago (North Stars), Ed Van Impe (Flyers), Noel Price ed Andy Bathgate (Penguins) e Glenn Hall (Blues).

LA PRIMA STAGIONE –
La nuova organizzazione della NHL portò le partite disputate da ogni squadra da 70 a 74, con 10 incontri contro ogni rivale della propria divisione e 4 contro le appartenenti all’opposta. Le prime quattro classificate di entrambe le divisioni dovevano vedersela tra loro nelle semifinali, con la prima contro la terza e la seconda contro la quarta; i Canadiens furono peraltro vittime di due sconfitte cocenti contro le nuove arrivate della California, ed i Kings conquistarono un sorprendente secondo posto in regular season alle spalle dei Flyers. Fanalino di coda furono i Seals, preceduti dai Penguins, con una squadra in maggioranza “anziana”. Tragico ed evitabile avvenimento fu invece la morte di Bill Masterton, giovane centro dei North Stars deceduto in seguito alle terribili ferite riportate alla testa dopo un check di Ron Harris dei Seals. Nonostante ciò, ci vollero ancora undici anni perchè l’uso del casco divenisse obblogatorio. Ai playoffs, Saint Louis sorprese tutti battendo in gara-7 i Flyers, grazie ad alcune performances sovrumane di Glenn Hall; l’altra sfida di divisione fu altrettanto combattuta, con i North Stars ad imporsi, sempre in gara-7, sui Kings. E sempre all’ultima gara si ridusse la finale ad Ovest, dove i Blues ebbero la meglio su Minnesota per poi essere demoliti in sole quattro sfide dai Canadiens. A Saint Louis non andò meglio le due stagioni successive, quando dovette subire il medesimo destino, la prima volta sempre contro Montreal e la seconda per mano dei Bruins. Da allora, i Blues non hanno più raggiunto una finale di Stanley Cup.

DOVE SONO FINITE? – Il destino dei Seals, poi Oakland Seals ed infine California Golden Seals, si legò a quello di Minnesota, con la quale si fusero nel 1978, non prima però di aver giocato a Cleveland con il nome di Barons per due stagioni; gli stessi North Stars divennero i Dallas Stars nel 1993, per poi vincere una Stanley Cup nel 1999. Curiosamente, nel 2000 l’hockey tornò in Minnesota, con i Wild, mentre la Bay Area tornò ad avere una sua franchigia, i San Jose Sharks, nel 1991. St. Louis, che già aveva posseduto una franchigia (gli Eagles, reincarnazione dei primi Ottawa Senators) negli anni Trenta, è l’unico expansion team del 1967 tra quelli ancora in vita a non avere ancora vinto una Stanley Cup, impresa invece riuscita ai Flyers (1973, 1974), ai Kings (2012, 2014), ed ai Penguins (1991, 1992, 2009, 2016).

L’espansione del 1967 non fu l’ultima, anzi, diede il via ad una serie infinita di cambiamenti che hanno portato la nostra amata NHL a 31 squadre, con i Vegas Golden Knights pronti a partire il prossimo anno: il futuro non è ancora stato scritto, ma una cosa è certa: lo show andrà avanti più spettacolare che mai.

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