NHL Story: La Dinastia. Storia dei New York Islanders negli anni d’oro

Posted On 04 Dec 2016
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(di Marco Meneghetti)

Qualche giorno fa ci siamo occupati dell’espansione del 1967, che ampliò gli orizzonti della National Hockey League raddoppiandone le dimensioni e lanciandola in mercati sino ad allora inesplorati (qui il link): l’argomento di oggi è invece una singola squadra, e la sensazionale serie di successi da essa vissuta tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, i New York Islanders.

LA NASCITA – anche in questo caso, partì tutto da un’espansione: quella del 1972, ideata per contrastare l’arrivo sulla scena di una nuova (e pericolosissima) lega rivale, la World Hockey Association o WHA. Le tumultuose ed alterne vicende di quel campionato meritano un post a parte; per ora, vi basti sapere che la NHL, completamente impreparata ad affrontare un’avversaria totalmente inattesa (e le cui franchigie occupavano in molti casi il medesimo mercato), decise in fretta e furia di concedere a due nuove squadre la possibilità di operare in arene “appetitose” per la stessa WHA: l’Omni Coliseum di Atlanta ed il Nassau Veterans Memorial Coliseum di Long Island, New York. In un tentativo di tagliare fuori i Raiders, la squadra di WHA progettata per l’occasione, da quest’ultima, i membri più prominenti della Contea di Nassau decisero di ingaggiare un noto avvocato, William Shea (già artefice della nascita della squadra di baseball dei Mets nel 1962, il cui stadio porta oggi il suo nome) per convincere la NHL ad insediarvi una propria formazione. Naturalmente, la resistenza dei New York Rangers fu strenua e totale, fino a quando il loro presidente Bill Jennings non si rese conto che, in effetti, l’installarsi di una franchigia rivale nel “giardino di casa” avrebbe costretto i proprietari di quest’ultima a pagare un consistente indennizzo in denaro, cosa che una squadra di WHA non sarebbe invece mai stata portata a fare. La mossa fece presa: i Rangers ottennero cinque milioni di dollari, i Raiders furono costretti a cercare asilo prima nel Madison Square Garden e poi in New Jersey, e gli Isles divennero parte della terza espansione nella storia moderna della NHL, dopo quelle del 1967 e del 1970 (con Buffalo e Vancouver).

Denis Potvin (Wikipedia)

GLI ESORDI – La prima stagione, quella del 1972/73, iniziò con l’aquisizione di un roster giovane ed inesperto, affidato alle cure del General manager Bill Torrey (ex California Seals). Torrey era dell’avviso che soltanto una lenta e progressiva crescita di una squadra creata “da zero”, ma con una costante ed inevitabile tendenza a rinforzarsi ed amalgamarsi, avrebbe potuto portare a brillanti risultati, il primo dei quali era, inevitabilmente, battere i Rangers. Tuttavia, la stagione inaugurale fu un disastro: nonostante una vittoria sensazionale sui campioni in carica, i Boston Bruins, gli Islanders misero a segno un record di 12-60-6, primato in negativo all’epoca. L’ultimo posto permise però alla franchigia di accaparrarsi la prima scelta nel draft, un giovanissimo difensore dell’Ontario chiamato Denis Potvin, da molti ritenuto “il prossimo Bobby Orr”. Il suo primo goal arrivò proprio nella prima vittoria della storia sui Rangers, nell’ottobre del 1973, e nonostante l’ultimo posto nella Eastern Division, Potvin vinse il Calder Memorial Trophy come Rookie dell’anno, oltre che dare il via ad una strenua serrata difensiva che, oltre a concedere molti meno goals, gli valse il titolo di Defender of the year per tre stagioni. A quel punto, il colpo di genio: chiamare come nuovo coach l’allora allenatore dei Blues, Al Arbour, egli stesso ex NHLer con trascorsi a Toronto, Chicago, Detroit e nella stessa Saint Louis. Fu poi l’acquisizione di Bryan Trottier e Clark Gillies nel draft del 1974 a dare il “la” per una sensazionale ascesa, che portò ai primi playoffs, e alla sempiterna sfida con i Rangers. Dopo la celebratissima sconfitta degli arcirivali di Manhattan nel turno preliminare, occorsa grazie ad un goal in overtime di J.P. Parise nella gara decisiva, gli Islanders riuscirono contro ogni aspettativa ad imporsi sui Pittsburgh Penguins  dopo essere stati sotto di tre gare a zero. In semifinale, però, nulla poterono i giocatori di Long Island contro gli allora fortissimi Philadelphia Flyers, poi vincitori della Stanley Cup, nonostante la resa dei conti fosse arrivata solo in gara-7. Dopo due stagioni buone ma conclusesi in altrettante delusioni, con la doppia eliminatione in semifinale sempre ad opera dei Canadiens, i Nostri scelsero al draft del 1977 un giovane attaccante del Quebéc di nome Mike Bossy, che

Coach Al Arbour (Wikipedia)

schierato all’ala a fianco di Trottier e Gilles andò a comporre un’infaticabile ed immortale linea nota come Trio Grande. La stagione 1977/78, però, fu ancora di transizione, con l’uscita ai quarti contro Toronto, ma con la sodisfazione di vedere Bossy aggiudicarsi il Calder Trophy.

LA LEGGENDA – Dopo aver superato ogni record stagionale di lega e  di franchigia nel 1978/79 ed aver portato al Nassau Coliseum il titolo di MVP dell’NHL con Trottier, gli Isles dovettero però fare i conti con una cocente delusione, l’eliminazione in semifinale per mano degli odiati Rangers. Nonostante le difficoltà dentro e fuori dalle piste (con un bilancio fortemente in negativo), i Nostri si resero conto che il pezzo mancante per una vittoria finale e totale era proprio l’energia spesa in regular season, che, esauritasi una volta giunti i playoffs, impediva alla squadra di spingere fino in fondo. Con Arbour ad implementare tale visione e l’acquisizione del centro Butch Gorin e di uno degli eroi del Miracle On Ice, Ken Morrow, gli Islanders chiusero la stagione 1979/80 secondi, alle spalle dei Flyers, e segnando meno di 100 goals per la prima volta dopo cinque anni. Nonostante questo, la strategia funzionò: dopo aver eliminato i Kings, Boston e Buffalo (dopo un 2-0 di svantaggio nella serie) nei primi turni dei playoffs,  la franchigia di Long Island ebbe la meglio proprio sui Flyers, ormai alla fine della loro parabola dorata. Un goal di Bob Nystrom in gara-6, per giunta in overtime, diede agli Islanders la prima, agognata Stanley Cup, la prima ad andare ad un roster comprendente giocatori europei (innovazione tecnica “copiata” alla WHA di quegli anni).

Billy Smith (Wikipedia)

Le due stagioni successive furono semplicemente incredibili. Nel 1980/81 Bossy segnò 50 goal in 50 partite, e la squadra perse solo tre gare dei playoffs per poi sbarazzarsi dei Minnesota North Stars in cinque games ed aggiudicarsi la seconda Coppa. Nel 1981/82, ci si assicurò la vittoria in regular season, con quindici vittorie consecutive da squadra ospite. Ci volle però un pizzico di fortuna per superare i Penguins ai quarti di finale, per poi sorpassare Rangers e Nordiques e travolgere i malcapitati Canucks, prima squadra della Costa Ovest a raggiungere una finale. L’ultimo grande titolo giunse nel 1982/83 contro gli astri nascenti Edmonton Oilers, che, come ben sappiamo, avevano dalla loro un certo numero 99… Nonostante ciò, la franchigia dell’Alberta dovette tornarsene a casa dopo quattro partite, completamente demolita dal veterano goalie Billy Smith, alla sua undicesima stagione a Long Island e vincitore meritato del titolo di MVP della postseason.

L’EREDITÀ – Non si può fermare il nuovo che avanza, tuttavia; una massima che gli Islanders scoprirono nel 1984, quando la corsa alla quinta Coppa venne fermata proprio da gli Oilers, paradossalmente grazie alla stessa tecnica di “playoffs all’ultimo sangue” impiegata da coach Arbour. Nonostante questo, gli Islers rimasero competitivi sino alla fine degli anni Ottanta, grazie ad un cecchino del calibro di Pat LaFontaine e a dispetto della perdita di Gillies e Nystrom, con momenti brillanti quali l’Easter Epic del 1987 contro i Capitals, vinta al centoventinovesimo minuto di gioco!

Ma nel 1989, per la prima volta dal 1974, gli Isles dovettero arrendersi all’evidenza di essere una squadra ormai stanca, che faticava ad adattarsi al nuovo gioco veloce delle generazioni in arrivo. I playoffs vennero conquistati di nuovo nel 1993, con una miracolosa vittoria sui due volte campioni in carica dei Penguins, per poi uscire al turno successivo contro i Canadiens. Fu l’ultima serie vinta dagli Islanders per 23 anni, sino al 2016, quando, nel nuovissimo Barclays Center di Brooklyn, dallo scorso anno casa dei Nostri, la squadra ora capitanata da John Tavares riuscì a liberarsi dei Panthers in gara 6, per poi essere battuta da Tampa Bay nel turno successivo. Con la scomparsa di Al Arbour avvenuta lo scorso anno, un pezzo di leggenda se ne è andato: ma restano quei quattro stendardi appesi sopra la pista casalinga, assieme a sei numeri di maglia, ancora oggi recitati come un Ave Maria dai devoti tifosi: #5, Potvin; #9, Gillies; #19, Trottier; #22, Bossy; #23, Nystrom; #31, Smith.

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