Do You Believe in Miracle? YES!

di Miki Faella

C’è raccolto tutto l’entusiasmo e la passione di Al Michaels dietro queste parole, pronunciate sulla sirena finale della storica partita ribattezzata Miracle on Ice tra Stati Uniti ed Unione Sovietica, terminata 4-3 disputata all’Olympic Center di Lake Placid il 22 Febbraio 1980.

Ancora adesso molti pensano che l’evento sportivo dello scorso secolo, fosse la finalissima per l’oro olimpico ma invece era ‘solo’ una partita del girone finale per l’assegnazione delle medaglie, con i collegiali di Herb Brooks (gli Herbies) a trovare la via dell’oro superando nell’ultima partita la Finlandia 4-2.

Le basi di un Miracolo
Non fu solo il frutto di una storica partita quella vittoria, c’è un lavoro durissimo dietro questa storia quando Brooks venne nominato allenatore della nazionale statunitense olimpica di hockey; i suoi allenamenti, la metodicità del suo lavoro, unita alla voglia di vincere famosa già a livello collegiale con l’ Università del Minnesota , spinsero i dirigenti ad affidargli il ruolo viste soprattutto le rinunce di altri colleghi.
Herb fu categorico: cambiare metodo di gioco, adottare uno stile ibrido tra la scuola canadese e sovietica a richiedere il maggior impegno e lavoro fuori e sul ghiaccio,nessuna interferenza sulla scelta dei giocatori, per riuscire ad avere almeno una possibilità per riuscire a sconfiggere il gli acerrimi rivali sovietici.
Molti li allenò proprio coi Gophers mentre altri vennero scelti in base a caratteristiche tecnico-tattiche escludendo molti dei migliori baby talenti nazionali, che scelsero la via del professionismo piuttosto che rimediare una pessima figura alle olimpiadi, come già avvenuto in passato.
Scremò una lista inziale di circa 30 ragazzi a venti in ben sei mesi di durissima preparazione, disputando addirittura 62(!) uscite ufficiali col celebre motto ‘non saremo i migliori ma certamente quelli più allenati!’ Nessuna selezione nella storia mondiale/olimpica si preparò mai meglio; l’ultima uscita poi racchiude un pizzico di leggenda, con gli Stati Uniti ad incrociarsi 3 giorni prima delle Olimpiadi al MSG di New York proprio con l’Unione Sovietica venendo umiliata per 10-3 da una delle squadre più forti di tutti i tempi.

1486074E-93DE-418F-814E-AAD943F258E0

13mi giochi olimpici
All’apertura delle Olimpiadi c’era molto scetticismo dietro alla selezione yankee: il massacrante lavoro di Herb passò praticamente inosservato e snobbato dalla maggior parte degli addetti ai lavori. Le cose però iniziarono ad ingranare bene nel girone preliminare per gli Stati Uniti, pareggiando 2-2 l’overture con la Svezia, per poi vincere 7-3 con la favorita Cecoslovacchia; il lavoro e l’audience, così come le presenze sugli spalti aumentarono in maniera esponenziale e fu cavalcata vincente anche contro la Norvegia (5-1), Romania (7-2) e Germania dell’Ovest (4-2), accedendo al girone finale assieme a Svezia, Unione Sovietica e Finlandia.
Regolare amministrazione per la truppa sovietica allenata dal leggendario Tikhonov che, coi suoi dilettanti di stato (praticamente professionisti a tutto tondo in terra Sovietica) superò 16-0 il Giappone, 17-4 l’Olanda, 8-1 la Polonia, 4-2 la Finlandia e 6-4 il Canada.

Miracle on Ice
La partita di apertura del girone fu giocata appunto il 22 febbraio alle 5 pomeridiane (andata in differita in TV nella prima serata americana, ndr) e si pensava di assistere ad un semplice allenamento dei vari sovietici, compresa la celeberrima KLM line (Krutov, Larionov e Makarov) il fortissimo Tretiak tra i pali ed altri grandissimi come Kharlamov Fetisov e Kasatonov ma le cose si misero subito bene per gli americani.
Catechizzati a dovere dopo sedute fiume sul come affrontare i sovietici sul ghiaccio ed un bellissimo discorso fatto poco prima negli spogliatoi, i veri protagonisti scesero sul ghiaccio con porta il talentuoso Jim Craig a sbalordire il mondo intero per le sue prestazioni, la difesa che poi ha giocato un ruolo fondamentale con Morrow, Ramsey e Suter a far scudo attorno allo slot USA che in avanti aveva le sue frecce migliori in Mark Johnson, Mike Eruzione, Pavelich e McClanahan.
Nel primo terzo i sovietici mettono alle corde sin da subito i collegiali americani che con le unghie e denti difendono il proprio terzo; la rete di Kasatonov al nono scuote i sovietici che non riescono a trovare feeling col proprio devastante gioco ma 5’ dopo è Schneider a piegare dalla lunghissima distanza un non irresistibile Tretiak per il pareggio. Esperienza e furbizia da parte dei navigati sovietici (età media 28 anni!) portano Makarov a superare un attentissimo Craig al 17mo ma ad un niente dalla prima pausa, Johnson trova la rete del 2-2 complice una colossale dormita della retroguardia russa, fulminando ancora Tretiak.
Tikhonov è letteralmente furioso coi suoi, facendo accomodare in panca lo storico estremo per Myshkin, buon portiere ma nulla a confronto di Tretiak; lo stesso HC sovietico dichiarerà che quello è stato l’errore più grosso della sua vita! Nel secondo terzo il ritmo sovietico è ben spezzato dagli Stati Uniti (2-12 le conclusioni) che chiudono spazi e difendono molto bene nel proprio terzo nonostante la rete iniziale di Maltsev in PP dopo soli 2’. Nel terzo tempo si scrive la storia: gli Herbies dopo 27’ di dominio avversario, in PP trovano la via della rete con Johnson, a freddare Myshkin per il 3-3. La storia e leggenda ci mettono il bastone ed il velenoso polsino di Mike Eruzione  fa gridare all’impresa a metà terzo per l’incredibile 4-3; pathos, emozioni miste ad incredulità la fanno da padrone, con gli Herbies a fare fortino nel terzo difensivo, portando a casa LA storica vittoria al cospetto degli increduli sovietici (39-16 le conclusioni finali) a poter nulla davanti ai collegiali, a far gridare al miracolo.

38E21AF3-8C66-4F28-8AA1-9BB56CC0B9B2

Post e seguito 
Il miracolo stesso si compí l’indomani, quando gli Stati Uniti superarono 4-2 i finlandesi aggiudicandosi così una insperata medaglia d’oro olimpica (mancava da 20 anni). L’hockey trovò nuova linfa vitale negli States e gli Herbies vennero celebrati da Carter in pompa magna, conquistarono articoli, successi e prime pagine di riviste dell’epoca vista anche la non facile connotazione politica del tempo storico in piena guerra fredda. L’artefice del Miracolo Herb Brooks si prese un anno lontano dai clamori in Svizzera (Davos), allenò anche in NHL per qualche stagione (NY Rangers) tornando alle Olimpiadi nel 98 con la Francia e nel 2002 con gli Stati Uniti (argento) ad un pattino dall’impresa, alternandosi nel mentre tra ruoli dirigenziali. Alcuni di quei ragazzi diventarono professionisti con ottime carriere (vedi Morrow, Ramsey e Johnson) altri invece un po’ vennero schiacciati dalla fama e gloria come l’estremo Jim Craig (si ritirò a 24 anni!) mentre il capitano Mike Eruzione appese pattini e guantoni subito dopo le olimpiadi, rinunciando a fior fiori di contratti visto che ‘l’hockey aveva già riservato tutto quanto ciò che potesse desiderare’.
Venne celebrata come impresa sportiva del secolo da Sport Illustrated, moltissima pubblicità e documentari vennero nel seguito mentre la Disney realizzò nel 2004 il film capolavoro Miracle, con Kurt Russell ad interpretare l’iconico Herb Brooks, scomparso poco dopo la fine delle riprese.

Non è e non sarà mai solamente un semplice sport!

About the Author